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Sindrome di Kawasaki

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La sindrome di Kawasaki è una vasculite (infiammazione) sistemica acuta, a carico dei vasi sanguigni, che colpisce maggiormente i bambini al di sotto dei 5 anni e che può causare febbre e un particolare rash cutaneo.

È stata presentata per la prima volta nella letteratura medica inglese nel 1967 dal pediatra giapponese Tomisaku Kawasaki, che identificò un gruppo di bambini con febbre, rash, congiuntiviti, rossore di gola e bocca, gonfiore di mani, piedi e dei linfonodi del collo

Questo significa che è presente un’infiammazione delle pareti dei vasi sanguigni che può evolvere in dilatazioni (aneurismi) di un’arteria del corpo di dimensioni medie, principalmente le arterie coronarie.

Inoltre, è stato studiato, come la malattia, se non trattata adeguatamente, nella maggior parte dei casi, può portare problemi e deficit a cuore e arterie coronariche. 

Il morbo è presente in tutto il mondo, anche se colpisce principalmente asiatici, in modo particolare giapponesi, coreani e abitanti di Taiwan, forse dovuto a una particolare suscettibilità genetica per la patologia. 

Il morbo di Kawasaki è poco comune (ma non impossibile) tra lattanti, bambini più grandi, adolescenti e adulti. 

Il morbo di Kawasaki colpisce maggiormente i bambini maschi; secondo alcuni studi, il rapporto maschi:femmine sarebbe 1,5:1, chiaramente a favore dei primi.

Anche il rischio di serie complicanze è più grave nei maschi.

Sindrome di Kawasaki sintomi

Ovviamente, in molti si chiedono ma come si manifesta la malattia?

Il morbo si caratterizza per un evoluzione sintomatologica suddivisibile in tre fasi:

Dura solitamente 14-30 giorni, esordendo con febbre molto alta e non remittente, mancanza di appetito, lingua a fragola, ingrossamento e dolenzia dei linfonodi cervicali e rash cutaneo, caratterizzato da papule e macchie rosso-violacee, simili a quelle di scarlattina e morbillo, presenti soprattutto sul torace. Sono possibili anche una certa iperemia congiuntivale, presenza di labbra rosse e secche, lesioni della mucosa orale, lingua gonfia, gonfiore e arrossamento di mani e piedi.

Si caratterizza per un lieve abbassamento della temperatura, un processo di desquamazione a livello sempre di mani e piedi e per trombocitosi. Inoltre, in questa fase, è possibile che il paziente possa presentare dolore addominale, vomito e diarrea, pus nelle urine, stanchezza, mal di testa, artralgia, ittero.

Si inizia questa fase, solo quando il paziente mostra chiari segni di miglioramento, ovvero dopo circa 6-8 settimane dopo la diagnosi

Gli unici sintomi ancora presenti sono soltanto stanchezza e facile affaticamento.

Sindrome di Kawasaki cause

Ad oggi, le cause dell’insorgenza della malattia sono del tutto sconosciute, ma sicuramente non mancano ipotesi e teorie. 

Secondo alcuni esperti, giocherebbe un ruolo chiave nell’insorgenza del morbo di Kawasaki la combinazione tra determinati fattori genetici e il verificarsi di certe infezioni; secondo altri, la malattia sarebbe il risultato di una risposta immunitaria anomala ad alcune infezioni, supportata da una certa predisposizione genetica. 

Inoltre, proprio in riferimento al periodo che stiamo vivendo, anche il Coronavirus SARS-COV-2, responsabile del COVID-19, favorirebbe lo sviluppo del morbo. 

Una domanda del tutto lecita però che si chiedono in molti è: ma il morbo di Kawasaki è contagioso?

Pur avendo un’origine infettiva, è stato dimostrato che la malattia non si trasmette da persona a persona, quindi non è contagiosa

Come si cura la sindrome di Kawasaki?

Il trattamento della malattia di Kawasaki nei bambini prevede la somministrazione di alte dosi di immunoglobuline umane per via endovenosa e di alte dosi di acido acetilsalicilico (aspirina).

L’obiettivo iniziale è quello di far abbassare la temperatura e ridurre l’infiammazione vascolare e si tratta di un trattamento specifico che dovrà essere effettuato necessariamente in ospedale. 

Sicuramente a garantire la completa guarigione, sarà la diagnosi precoce e l’inizio tempestivo delle cure. 

Importante: La presenza della malattia di Kawasaki rappresenta una delle poche circostanze in cui è ammessa la somministrazione di aspirina in pazienti di età inferiore ai 16 anni.

Si ricorda, infatti, che, nei giovani, l’assunzione di aspirina favorisce la sindrome di Reye, specie in concomitanza di infezioni virali quali l’influenza o la varicella.

Una volta superata la prima fase, ovvero quella più critica, il paziente può tornare a casa e continuare la terapia a casa. 

Una volta a casa, è molto importante che il malato beva molto, per evitare la disidratazione.

Essendo una patologia, che può arrecare danni al cuore, è fondamentale dopo circa 6-8 settimane dall’inizio del trattamento, effettuare un ecocardiogramma di controllo, per valutare la salute del cuore e assicurarsi che l’organo sia in piena salute. 

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